Intervista a Shelley Read- "Come il fiume"
Oct 04, 2023Un romanzo che è un fiume in piena: di vita, di dolori, d’amore e di gioie. Di storia americana, di analisi sociale, di natura, di piante, alberi e frutti ma soprattutto di eventi che travolgono il lettore che insegue le vicende della sua protagonista, Victoria, una donna che negli anni ’40 in un paese sulle montagne del Colorado cerca la via per essere se stessa.
Ho letto Come il fiume tutto d’un fiato e ho trovato una storia ricca, densa, mai banale. Una di quelle storie che manda in visibilio i lettori alla ricerca di personaggi da cui essere conquistati, in cui c’è tutto, senza mai essere troppo, in cui si sente pulsare la vita ma si percepisce anche il ruolo della scrittura che prova a dare forma a sentimenti, emozioni, dolori profondi.
È un romanzo sull’amore romantico, ma anche amore per la propria terra. Sulla maternità, sull’orrore del razzismo, sui legami di sorellanza che ad un certo punto ci offrono un senso, di questo continuo fluire che sono le nostre esistenze che a volte paiono andare, come l’acqua del fiume, a zonzo per poi tornare negli argini, magari in forma diversa da come ci eravamo immaginati.
“Ho scritto questo romanzo in dodici anni mentre insegnavo all’Università e facevo la mamma”.
Shelley Read è una donna ammaliante che mi sorride dalla sua casa in Colorado e mi contagia con la sua energia positiva.
Ora ha 57 anni, ha sempre voluto scrivere, ma la vita a volte va avanti tra le incombenze (un lavoro che si ama, dei figli di cui prendersi cura) e si lasciano le proprie aspirazioni più profonde nell’angolo dei “lo farò”.
Ma poi è arrivata Victoria, donna forte, lavoratrice nei campi di peschi della sua famiglia di contadini nel West Colorado, che ha bussato forte nella mente e nel cuore di Shelley.
“Inizialmente pensavo di scrivere un romanzo con le storie di tre donne intrecciate- quelle di Victoria, Inga (chi ha letto il romanzo sa… chi ancora non lo ha letto lo scoprirà) e Zelda- ma poi la storia di Victoria era troppo imponente e mi sono dovuta concentrare su di lei”.
Victoria si innamora di Will, un nativo americano costretto a nascondersi dalla rabbia e dall’odio e dell’epoca. Dal loro amore proibito arriverà un bambino che è il cuore del romanzo, attorno a cui le scelte di Victoria diventano dure, difficili, in alcuni casi estremamente dolorose.
E poi c’è la natura madre e matrigna, quella natura che verrà sommersa- è successo davvero negli anni Sessanta- nel villaggio di Iola dove è ambientato il romanzo. Un destino che la costringerà ad andarsene dai territori in cui è cresciuta e che ha amato.
Dobbiamo sempre trovare il modo di andare avanti, non importa quali tragedie ci troviamo di fronte
Mi dice Shelley dall’altra parte dello schermo, con un sorriso consapevole che, come il suo romanzo, apre un varco di fiducia sugli esseri umani.
L’intervista la trovate nel video in inglese, la traduzione è qui sotto.
Come è nato il personaggio di Victoria?
È piuttosto misterioso dire da dove arrivano i personaggi e le loro storie e sono molto grata a questa meraviglia che crea l’arte e le storie. Victoria viene da questo posto, il luogo della mia creatività, però io credo anche di essere un’attenta osservatrice degli esseri umani.
Ho sempre osservato con grande ammirazione le persone che vengono dal posto in cui sono nata anche io, il Gunnison River Valley, che è il posto dove è ambientata la storia ed è a circa 3000 metri d’altezza, in alta montagna e in questa valle abbiamo molte fattorie e contadini che lavorano duramente e credo che Victoria venga da lì, dal conoscere queste persone ma anche dal fatto che io appartengo alla quinta generazione degli abitanti del Colorado e conosco le donne della mia famiglia che sono simili a Victoria. Donne che lavorano molto più duramente di quello che credono, con maggiore forza e che hanno dovuto affrontare delle sfide molto grandi e anche delle decisioni molto difficili e si sono rese conto di essere così capaci e abili nel fare quello che andava fatto – prendersi cura della famiglia o trasferirsi- . Credo che Vittoria sia una combinazione tra le mie antenate e le donne che ammiro. Donne forti… io amo le donne forti! Spesso siamo più forti di quello che pensiamo e dobbiamo solo scoprirlo.
Come hai strutturato una trama così fitta di eventi, situazioni, luoghi e personaggi?
Ho creato questo libro in un modo un po’ pazzo e certamente non convenzionale, non mi sono seduta a scrivere un libro dall’inizio alla fine. L’ho scritto in un grande numero di anni, ero una professoressa universitaria molto impegnata e una mamma molto impegnata a crescere i miei due bambini e spesso quello che una mamma vuole dalla sua vita non è al top della lista delle priorità. E la mia scrittura era l’ultima cosa che facevo in un giorno e non ci sono molte ore in un giorno …. Quando ho iniziato a immaginare il personaggio di Victoria mi piaceva così tanto che ho iniziato a inserire la scrittura a mano a mano, quando avevo tempo nella mia vita e la trama si è evoluta in relazione all’evoluzione di lei come personaggio, la mia comprensione di lei attraverso la mia immaginazione anche perché io ho affrontato una serie di sfide nella mia vita e ho preso queste lezioni e messe nel romanzo, i dolori, le difficoltà ed è stato scritto in una maniera non lineare, a volte mi veniva una scena che poi accadeva a pagina 100, due giorni dopo mi veniva una scena per pagina 15 e alla fine avevo questo grande puzzle che ho dovuto mettere insieme. Poi ad un certo punto ho capito che dovevo fare sul serio, devo dare a questo il libro il tempo e l’attenzione che ha bisogno e così ho messo in fila tutte le parti in maniera tale che si legassero insieme.
Che ruolo ha avuto la storia vera del villaggio sommerso di Iola nell’economia della storia?
Il tema che volevo affrontare era “Che cosa significa essere donne”, quanto dolore dobbiamo affrontare, quanto possiamo essere vulnerabili rispetto ai messaggi che arrivano dalla società rispetto a quello che possiamo o non possiamo essere. Sapevo che Victoria doveva portare su di sé il peso delle difficoltà e per me essere della quinta generazione di abitanti del Colorado, mi rende molto attaccata al mio territorio, io amo le montagne dove vivo e la natura. Io ho imparato molto dalla natura e volevo mettere Victoria in un setting simile a quello in cui ho vissuto io, conoscevo la storia di Iola che è stata evacuata e sommersa per creare una riserva. Ho visitato quei luoghi quando ero una ragazza e sapevo che c’era una città sommersa sul fondo di quel lago, in realtà sono tre città. L’ho trovato molto affascinante e quando ho creato Victoria avevo bisogno di un luogo dove ci fosse la possibilità di perdere tutto. Quindi il personaggio di Victoria è arrivato per primo e poi ho pensato che ambientare la sua storia lì, ricostruendo la storia vera del Colorado dell’ovest.
Che cosa ci insegna la natura?
La natura fa paura, è pericolosa e intimidisce, ma allo stesso tempo le insegna a vivere e la abbraccia. Entrambe queste cose in tutta la mia vita sono state importanti, quando sono una vetta o in mezzo alla natura ridimensiono il concetto di me stessa, rende ogni uragano umano più piccolo, ci ricorda che noi siamo giovani per questo pianeta e abbiamo molto da imparare e penso che la natura possa insegnarci l’umiltà ma anche la forza perché ci vuole molta forza per vivere in armonia con la vita selvaggia e grandi capacità di adattamento.
La cosa che amo di più è quando i miei lettori mi dicono che questo libro mette voglia di andare fuori nella natura, in una foresta o un parco. E se questo libro ricorda agli esseri umani quanto sia importante apprezzare e imparare dalla natura, il mio cuore è felice.
La cosa che colpisce del romanzo è la quantità di nomi di piante e fiori che racconti... ha una grandissima conoscenza botanica!
Una delle cose più belle del vivere a contatto con la natura è che ho imparato tutto della mia vita lì. Il nome delle piante, dei fiori, come leggere il cielo per capire che sta arrivando una tempesta. Sono cose che so, che conosco bene.
Tra i personaggi che colpiscono di più c'è senza dubbio Wilson Moon, il grande amore di Victoria, nativo americano che subisce le violenze del razzismo dell'epoca...
La parte più difficile è stata creare il personaggio di Wilson Moon. Volevo essere attenta e rispettosa. Abbiamo questa storia terribile negli Stati Uniti per come abbiamo trattato i nativi americani. Sapevo che se dovevo scrivere una storia sul dislocamento non potevo ignorare quello vissuto dai nativi americani perché prima delle fattorie e dei ranch, i nativi americani furono cacciati dai loro territori per far spazio alle persone bianche e volevo analizzare questi livelli di dislocamento. Però so anche che come donna bianca e non una nativa americana, la storia di Will non era la mia storia. Ho cercato di raccontarla nella maniera più rispettosa possibile, sempre attraverso lo sguardo di Victoria. E non volevo non confrontarmi con il tema del razzismo, che esisteva all’epoca e in qualche grado anche oggi.
Dall’altra parte c’è il rapporto tra Will e Victoria, questi due meravigliosi esseri umani che stanno insieme nonostante tutto, superando i bias culturali, mostrando le cose meravigliose che gli esseri umani sanno fare.
Che valore ha per te l'immagine del fiume?
La vita è imprevedibile, come il fiume. Ci sono molti aspetti in cui ho inserito l’amore nel libro: c’è l’amore romantico, l’amore delle madri, l’amore della famiglia, della terra, ci sono così tante cose da amare in una sola vita. Ma amare ci rende vulnerabili perché la vita ti porta a molteplici svolte tra gioie e dolori, “come il fiume” per me significa prendere tutte queste cose della vita che mettono in difficoltà e ci si pongono di fronte e comunque trovare un modo per andare avanti. L’acqua di un fiume va comunque avanti nonostante gli ostacoli che le si pongono di fronte, va sopra, sotto, attorno, crea nuovi argini se serve, spinge se invece è necessario. Dobbiamo sempre trovare il modo di andare avanti, non importa quali tragedie ci troviamo di fronte. E credo che il fiume sia una meravigliosa metafora di tutto ciò