ENTRA IN FLÂNEUSE

Blog Post

MALINCONIA DI PRIMAVERA

great resignation malinconia primavera quiet quitting sylvia plath May 05, 2023

“Se ha senso associare malinconia e intelligenza, è perché i malinconici sfuggono a due errori tipici delle menti più deboli: la rabbia e l’ingenuità.”- Alain De Botton

 

Dato che questa settimana fatico a trovare idee interessanti ho deciso di partire da voi e dal vostro box di domande che mi avete lasciato nel weekend

DIMMI COME STAI E TI DIRO’ CHE LIBRO SEI

  • Malinconica

 “Malinconia” è la parola che avete più usato per definire il vostro stato d’animo in questo periodo che è l’altra faccia dell’entusiasmo primaverile.

Capita spesso così, nei momenti di cambio stagione, approssimarsi alle feste, vacanze etc etc c’è chi reagisce al frizzicorio generalizzato chiudendosi a guscio. Provando un sentimento che io amo molto proprio perché difficilmente definibile, che ha a che fare con la poesia, con lo spleen, con l’insoddisfazione, il romanticismo. È quel “blues” (termine che rimanda alla musica carica di nostalgia e malinconia dei neri nordamericani) che ritroviamo anche quando si vuole definire il sentimento di abbassamento umorale post-partum: il Baby Blues.

 La malinconia è una tristezza inquieta.

Ma è proprio nella sua inquietudine che trova la sua forza.

In un articolo sul Sole24 ore https://www.ilsole24ore.com/art/a-proposito-quiet-quitting-l-insolita-prospettiva-malinconia-AE02pUqC lo stato malinconico viene associato alle due grandi tendenze di cui si parla molto in questo periodo: il great resignation (la tendenza ad abbondare lavori che sfruttano e rendono infelici, di cui abbiamo parlato qualche newsletter fa) e il quiet quitting, ovvero il fare il minimo indispensabile, senza strafare e ansiarsi troppo per il “lavoro”, gli orari, i risultati.

La malinconia, questa tristezza inquieta, diventa una forma di resistenza se non diventa sinonimo di deresponsabilizzazione e menefreghismo, ma una lotta interiore al cieco ottimismo.

In parole più semplici: siamo malinconici perché siamo esseri umani pensanti e quando pensiamo ci rendiamo conto che il mondo non è il luogo dei sorrisi #behappy #lovemyjob, ma è qualcosa di molto complesso, inafferrabile. In cui, come ci ricorda la nostra Sylvia Plath ne La campana di vetro, la vita fa rima con la morte.

La malinconia è un sentimento molto caro non solo ai poeti (pensate a Baudelaire), ai pittori ma anche ai filosofi.

In quel “male di vivere” come lo definiva Montale, è contenuto il seme di intuizione e percezione della nostra finitudine.

E quando ci sentiamo “finiti” e non onnipotenti ecco che la malinconia ci assale. Ma la malinconia può diventare stimolo del pensiero.

Seneca (mio amatissimo) la chiamava taedium vitae, quella sensazione che ti pervade quando vedi tutti gli altri che fanno disfano brigano e a te pare di non concludere nulla

 Di qui quella noia e quel disgusto di sé, e l'irrequietezza dell'animo che non trova mai un dove, e la triste e penosa sopportazione del proprio ozio, soprattutto quando si ha ritegno nell'ammetterne le cause e il pudore ha ricacciato dentro le ragioni del tormento, mentre le passioni bloccate in uno spazio angusto si soffocano a vicenda senza trovare sbocchi; di lì mestizia abbattimento e mille ondeggiamenti della mente incerta, tenuta in sospeso dalle speranze accarezzate, intristita da quelle abbandonate; di lì quello stato d'animo di quanti detestano il loro ozio, lamentano di non aver nulla da fare e la terribile invidia verso i successi altrui. Infatti l'inerzia infelice" alimenta il livore e desiderano che tutti cadano in rovina, perché loro non hanno potuto progredire (De Tranquillitate animi)

E spesso, dice sempre Seneca, per ovviare a questo stato d’animo la gente “corre come le formiche che si arrampicano sugli alberi e di lassù tornano vuote a terra”

 Ma per non correre come formiche impazzite fino all’esaurimento nervoso, vale la pena di fermarsi e ragionare.

Cos’è davvero la malinconia? Da cosa si origina?

Qui ci viene in aiuto Marco Aurelio che identifica questo stato come connaturato ai cambiamenti

“Uno teme i mutamenti? Ma cosa può avvenire senza mutamenti?”

La malinconia segnala i cambiamenti di stato.

Oppure come diceva Tolsotj “Il desiderio di avere desideri”

 

Uno stato d’animo che è proprio dei giovani adulti come racconta bene Stefania Andreoli nel “libro del momento” Perfetti e felici che racconta molto bene lo stato d’animo delle generazioni di giovani Millenials e generazione Z.

Malinconia di un presente tradito ( i millenials che si aspettavano un futuro apparecchiato) e malinconia di un futuro perduto (la generazione Z che diventa adulta in un’epoca di smarrimento). Un presente in cui sembra impossibile avere desideri.

 

Un presente in cui pare in possibile porre in atto quello che “i genitori vorrebbero per te” ed è probabilmente una fortuna

 

Negli incontri one-to- one che sto conducendo sul tema della vocazione per il mio master in counseling lo stato d’animo generalizzato è questo: confusione malinconica rispetto a ciò che si desidera per sé.

L’aver proiettato su di sé i modelli genitoriali, il provare a tradirli, il non sapere dove andare, come fare a costruirsi il proprio modello.

 

E allora forse questa “malinconia” che non è tristezza (non mi avete scritto tristezza ma malinconia) può aiutarci a definirci. Autodeterminarci. Mettendo in essere il famoso “diventare chi si è”

Come ?

Non ignorandola.

Tenendone conto.

Sentendosi un po’ poeta, passeggiando tra i gelsomini in fiore e provando ad immaginarsi diversi.

Ogni mutamento presuppone una forma di malinconia, che deve però essere spinta propulsiva.

Ogni mutamento è accompagnato dalla malinconia di non essere più quello che si era prima: gli adolescenti non sono più bambini, gli adulti non sono più giovani. Non a caso si parla di “baby blues” che è il sentimento di profonda malinconia che accompagna le neomamme nel post partum.

 

L’importante è non trasformare la malinconia in gabbia.