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QUELLO CHE ERAVAMO (Contro il mondo).

amore biografia donne famiglia femminile mamma Mar 30, 2023
 

"Con meraviglia, ci accorgiamo che adulti non abbiamo perduto la nostra antica timidezza di fronte al prossimo: la vita non ci ha per niente aiutato a liberarci della timidezza. Siamo timidi. Soltanto non ce ne importa: ci sembra di esserci conquistato il diritto di essere timidi: siamo timidi senza timidezza: arditamente timidi." - Natalia Ginzburg

È una settimana che ascolto in loop la canzone dei Baustelle (Indosso il mondo lo imito come una forma portatile di verità, per sopravvivere agisco mimetico dentro di lui), gruppo a cui sono molto affezionata che mi ricorda i miei vent'anni, le serate senza tempo e senza impegno 

Quell'inquietudine di chi vorrebbe tutto ma non sa dove andare, ma è sicura che non tornerà indietro, andrà sempre avanti.

I Navigli di Milano quando ancora c'erano i locali dove si suonava dal vivo, non c'erano i turisti americani seduti ai tavoli a scofanarsi i menù all you can eat delle risotterie.

Erano un luogo ancora oscuro, che solcavo in bicicletta temeraria nell'affrontare le rotaie del tram.

Volevo tutto

Volevo troppo

Non mi accorgevo che avevo già abbastanza e possedevo quella cosa che poi – te lo dicono le nonne, i genitori, ma tu non ci credi mai- che è la gioventù.

Vivevo, come accade a quell'età, al futuro: quando diventerò, quando incontrerò, quando mi innamorerò.

Ed è incredibile come tutta quella propensione al domani, quando passano gli anni si trasformi in malinconia.

A volte penso a cosa succederebbe se, come in un film degli anni Ottanta, la me con la testa da 38enne entrasse nel corpo di quella 23enne che iniziava a lavorare, a vivere da sola, a cercare legami veri.

Ma il risultato sarebbe catastrofico perché la me di oggi non permetterebbe mai a quella ventenne di infilarsi in situazioni assurde (ma lo vedi? È un cretino! Alzati immediatamente da quella sedia) né di straziarsi per problemi che non sono problemi (Quann si' piccirill, ogni cosa te pare grossa. Quando si gross, ogni cosa t' pare nient dice Zia Vittoria ne La vita bugia degli aduti)

Non essere invitata ad un aperitivo

Non essere salutata dalla collega invidiosa

Sentirsi derisa dai tuoi superiori che forse non hanno obiettivo quello di distruggerti l'autostima, ma ogni giorno te ne tolgono un pezzettino.

 

La giovinezza ha in sé un che di profondamente tragico, vittimistico e a tratti anche crudele.

 

Ci sono poi quelle promesse che ti fai

Non diventerò mai come mia madre

Non andrò mai a vivere in provincia

Non rinuncerò mai alla mia carriera

 

Sbandieriamo asserzioni e poi ci troviamo una manciata di anni dopo (chi meno chi più) a domandarci cosa sia successo nel mezzo.

 

Come è successo che ci siamo messi addosso il mondo (come dicono i Baustelle)?

Sembra ieri che volevamo mangiarcelo, fare qualcosa di diverso, trovare forme di vita, amore, soddisfazione che fossero tutte da scrivere a nostra immagine e somiglianza.

E oggi ci ritroviamo qui, ritornati in provincia, con un mutuo e il tappeto (hai sempre odiato i tappeti!) in salotto, a guardare l'ultima serie tv di Netflix sul divano.

E la cosa incredibile che mai ci saremmo aspettati e che ci va bene così.

Siamo sereni, consapevoli che quella parola tanto millantata – la felicità- viene e va a ondate, ma non ci preoccupa più di tanto.

 

Ma è proprio vero?

A volte ho il terrore che sia una resa.

Alla fatica di una quotidianità che ti obbliga al presente (preparare il brodo, l'orario della nanna, quando iscriviamo il bambino all'asilo?)

Alla delusione che nulla – nemmeno l'essere diventati genitori- ci dia il patentino dell' "età adulta"

Perché adulti non ci sentiamo per niente.

Quelle inquietudini, timori, paure e titubanze si sono assopiti e pacificati ma vivono ancora dentro di noi  e ogni tanto bussano alla porta del nostro inconscio.

 

Come si fa a portarsi la gioventù addosso, non tradirla, ma nello stesso tempo crescere, evolvere, diventare altro?

 

Che poi questo tarlo sul tema del "diventare adulti" non è roba solo mia.

Come vi ho già detto qua e là alcuni dei romanzi più belli degli ultimi anni (Spatriati, Avere tutto, Randagi, Tasmania, Le perfezioni) ma anche i film (da La La Land in poi) parlano in fondo di questo.

(ma lo facevano anche prima.. basta pensare a Pavese. Forse è per questo che amo la letteratura e l'arte, perché lottano da sempre contro il peso dell'età)

 

Come facciamo noi Millenials che ci sentiamo adolescenti per sempre a immaginarci "adulti"?

In una forma diversa da come (pensiamo) hanno fatto  i nostri genitori. Più libera, scanzonata, senza però cadere nel grottesco sentirsi costantemente studenti universitari fuori sede.

 

Io non la so la risposta, so però che sentirmi una studentessa universitaria fuori sede per lungo periodo mi ha permesso di non adagiarmi rispetto a forme precofenzionate di felicità che ho intuito ad un certo punto che con me non avrebbero avuto nulla a che fare (se non farmi sentire avviluppata in una rete non costruita da me).

 

Simone De Beauvoir in un libro poco conosciuto che per me è diventato una specie di Bibbia personale che si intitola "Per una morale dell'ambiguità" (lo stiamo leggendo al nostro caffè filosoficoJ) ad un certo punto elenca tre parole come sinonimo della possibilità di modellare la nostra esistenza seguendo la nostra libertà (che per lei è sinonimo di autenticità): vitalità, sensibilità, intelligenza.

 

E probabilmente sento l'esigenza di tornare a lei in queste giornate in cui mi sento così stanca.

Stanca per le ore di sonno perdute (Orlando amore mio insonne)

Stanca per gli impegni quotidiani da cui nel momento in cui diventi madre non puoi scappare (e io ero maestra nel rifuggire la vita)

Stanca per quello che il militarismo social ha ribattezzato "carico mentale" che è sinonimo – per lo più- di responsabilità.

 

Come faccio a ritrovare la mia libertà, nella mia vita adulta, a fronte delle mie responsabilità senza imitare il mondo e buttandomelo addosso ma cercando di esistere rimanendo presente a me stessa?

 

Ecco ritrovare quelle tre parole mi aiuta.

Ricercare quello che mi rende viva (leggere Ammaniti, giocare con mio figlio divertendomi), sensibilità (sentire quello che mi sta intorno non trasformandomi in una superficie impermeabile), smuovere la mia intelligenza (quando sei triste impara diceva Mago Merlino).

 

E anche se non siamo più studenti fuori sede, abbiamo comprato una casa, il mutuo, i tappeti e i 120 mq di parquet, possiamo continuare a lottare per la nostra unicità.

Guardando la ventenne che c'è in noi, provando ogni giorno a non deluderla troppo.